Come dare una spinta in più all’innovazione farmaceutica in Europa? A questa domanda cerca di dare una risposta la nuova ricerca della Bayes Business School, sostenuta dall’azienda biofarmaceutica Merck, la quale suggerisce di intensificare la collaborazione tra gli Stati membri dell’Unione Europea, di fornire incentivi per lo sviluppo di nuovi farmaci e di approvare più rapidamente l’accesso ai farmaci rispetto alle autorità di regolamentazione internazionali, per attrarre maggiori investimenti dalle aziende farmaceutiche.
Il mercato farmaceutico è estremamente competitivo dove ricerca, approvazione e immissione sul mercato sono un processo continuo in cui i quadri normativi sono fondamentali per promuovere l’innovazione farmaceutica e creare ecosistemi in grado di attrarre le grandi aziende farmaceutiche per lo sviluppo locale di farmaci.
Gli ecosistemi normativi – compresi quelli degli Stati Uniti (FDA), dell’Unione Europea (EMA), del Regno Unito (MHRA), della Cina (NMPA) e del Giappone (PMDA) – sono in competizione per l’approvazione di farmaci innovativi, ma devono anche collaborare per raggiungere obiettivi globali, in particolare in situazioni di crisi come quelle causate dalle pandemie.
Perché l’Europa viene esclusa dalle aziende farmaceutiche?
La ricerca qualitativa è stata condotta da Stefan Haefliger, Professore di Gestione Strategica e Innovazione presso la Bayes Business School, con il supporto di Merck, con l’obiettivo di capire perché le grandi aziende farmaceutiche preferiscono gli altri mercati e cosa può fare l’Unione Europea per ristabilire l’equilibrio. Lo studio ha coinvolto 47 professionisti di alto livello del settore farmaceutico, provenienti da 19 Paesi diversi.
Secondo le attuali tendenze, le aziende farmaceutiche preferiscono gli Stati Uniti e gli altri ecosistemi all’Europa per le prime richieste di autorizzazione allo sviluppo di farmaci, grazie a tempi di approvazione più rapidi, a un migliore sostegno normativo e a incentivi più consistenti. Tra i motivi indicati dagli esperti per la scelta degli Stati Uniti rispetto all’UE: le dimensioni inferiori del mercato UE rispetto a quello US; i prezzi più bassi nell’UE, che limitano i ricavi e i margini delle aziende farmaceutiche; le difficoltà di accesso ai farmaci dopo l’approvazione a causa dei diversi sistemi di rimborso nei Paesi UE; l’aumento dei costi nell’UE che disincentiva la produzione; le difficoltà di reperire capitali, risorse e competenze; e il minor numero di sperimentazioni cliniche legato alle restrizioni normative.
Rivedere il quadro normativo per spingere l’innovazione farmaceutica nei confini europei
Lo studio dedicato all’innovazione farmaceutica ha anche individuato delle misure che potrebbero aiutare l’ecosistema normativo europeo a ottenere un vantaggio competitivo: l’introduzione di sandbox normativi e di informazioni elettroniche sui prodotti, la semplificazione dell’attuale sistema normativo, la consulenza scientifica congiunta per i dispositivi medicinali, e infine l’autorizzazione illimitata all’immissione in commercio, che non obblighi al rinnovo delle licenze ogni cinque anni.
“La diffusione dei farmaci in Europa è rimasta indietro rispetto agli Stati Uniti e agli altri Paesi, così come afferma anche il Rapporto Draghi 2024, che ha evidenziato la stagnazione della crescita del settore farmaceutico nell’UE e sollecitato la riforma dei processi normativi, dell’accesso al capitale e dell’adozione delle tecnologie“, ha commentato il Professor Stefan Haefliger. “Sebbene molti dei partecipanti al nostro studio citino la mancanza di sinergia tra i membri UE come motivo della riluttanza a sviluppare farmaci in Europa, nel vecchio continente ci sono tutte le competenze e il potenziale per sviluppare una proposta più attraente. Senza cambiamenti, però, l’UE rischia di arretrare ulteriormente rispetto ai concorrenti nell’attrarre talenti, innovazione farmaceutica e investimenti nel campo della ricerca“.