Nel 2024 oltre 5,84 milioni di persone, circa il 10% della popolazione italiana, hanno dichiarato di aver rinunciato a prestazioni sanitarie per ragioni economiche (3,1 milioni di persone) o per gli eccessivi tempi d’attesa (4 milioni di persone): quest’ultima motivazione, in particolare, ha visto un aumento del +51% rispetto al 2023. Le liste d’attesa lunghe sono un problema in tutte le Regioni d’Italia ma undici presentano una percentuale di rinuncia alle cure superiore alla media nazionale (9,9%): tra queste ci sono Lombardia, Lazio, Puglia e Sardegna, dove si registra il valore più elevato (17,2%)1.
Per contrastare il fenomeno, preservando il principio di universalità su cui si basa il Sistema Sanitario Nazionale (SSN) e garantire un accesso equo alle cure per tutti i cittadini, le Regioni stanno sperimentando nuovi modelli organizzativi: tra le soluzioni messe in campo ci sono scambi di equipe mediche tra strutture, piattaforme per la gestione del personale, incentivi economici per chi garantisce il servizio in tempi brevi.
“Quello delle liste d’attesa è un nodo cruciale. In Italia possiamo vantare uno dei pochi sistemi al mondo in cui l’accesso alle cure è democratico, ma non sarà così per molto se non si risolvono alcuni problemi strutturali del nostro Sistema Sanitario Nazionale”, dichiara Giacomo Baldi, medico anestesista, fondatore e CEO di GAPMED, provider internazionale di servizi e soluzioni tecnologiche per il settore healthcare. “Alcune soluzioni richiedono tempo e complessità, mentre altre sono a portata di mano e permettono di intervenire sulle cause che generano le liste d’attesa, senza attendere l’ampliamento degli organici o la costruzione di nuovi reparti. Il principio è semplice: rendere più efficiente, flessibile e tempestivo l’utilizzo delle risorse sanitarie già disponibili, attraverso modelli organizzativi alternativi a quelli tradizionali”.
Liste d’attesa, visite nei tempi solo 4 volte su 10 – Solo per quattro visite su dieci la maggioranza dei pazienti riceve l’appuntamento con il medico nei tempi previsti (tre giorni per le visite urgenti) e la colonscopia resta la visita più critica: metà dei pazienti aspetta 44 giorni e, in alcuni periodi, si attende oltre sei mesi2. Nel Servizio Sanitario Nazionale le liste di attesa si allungano per diverse ragioni: oltre alla carenza di personale, pesano le inefficienze organizzative e il sottoutilizzo delle risorse (sale operatorie non sempre attive, agende mediche semivuote, sostituzioni lente del personale assente). A questo si aggiunge la mancanza di coordinamento tra strutture, che rende difficile ridistribuire i carichi di lavoro, e una programmazione sanitaria non sempre aggiornata rispetto ai reali bisogni della popolazione, considerando patologie croniche e invecchiamento demografico.
Quanti medici per ridurre le attese nel SSN per ogni specializzazione – Nel Servizio Sanitario Nazionale i tempi medi di attesa per una visita specialistica variano da alcune settimane a diversi mesi: una visita cardiologica richiede in media 57-114 giorni, neurologica 89-122, ortopedica 27-108, ginecologica 60-1303.
“Secondo una nostra proiezione4, che tiene conto anche dei pensionamenti (circa 52.500 nel periodo 2018-2025), il numero di nuovi specialisti formati non riesce a compensare le carenze in alcuni settori: in tutto ci sarebbe bisogno di 16.500 medici per far fronte alla domanda attuale e ridurre a zero le liste d’attesa. La mancanza maggiore è nella medicina di base, dove servirebbero 5.575 dottori; seguono i pediatri (3.323 in meno rispetto alle necessità), gli internisti (2.000 in meno) e gli anestesisti (1.395 in meno)”, osserva Giacomo Baldi.
Un modello di gestione alternativo per ridurre le liste d’attesa
Per affrontare in modo strutturale il problema delle liste d’attesa, il Servizio Sanitario Nazionale sta puntando su un insieme coordinato di misure. La Piattaforma Nazionale Liste d’Attesa (PNLA), introdotta con il Decreto-legge n. 73 del 2024, consente di monitorare in tempo reale i tempi di prenotazione, garantendo maggiore trasparenza e responsabilità nella gestione. Lo stesso Decreto ha, inoltre, abrogato il tetto di spesa per il personale sanitario, aprendo a nuove assunzioni e incentivi economici per i medici che effettuano attività aggiuntive. Altri provvedimenti includono la collaborazione pubblico-privato, l’estensione degli orari di apertura ambulatoriale anche a sera e weekend e incentivi economici per le strutture che rispettano i tempi di erogazione delle prestazioni.
Ulteriori misure vanno in direzione della digitalizzazione dei processi e dell’introduzione di strumenti per l’ottimizzazione delle risorse umane nel settore della salute: tra queste c’è CURAMI, soluzione ideata da GAPMED che integra software e servizi per la gestione di medici e professionisti della salute a supporto del SSN. La piattaforma permette l’attivazione modulare di équipe dedicate al fine di potenziare le attività chirurgiche e ambulatoriali senza aumentare gli organici, impiegando in modo flessibile risorse già disponibili. Consente inoltre di programmare e coordinare in tempo reale turni, sostituzioni e carichi di lavoro di medici e infermieri, anche su più strutture; infine offre supporto amministrativo e contrattuale, riducendo tempi burocratici e garantendo continuità operativa.
“Nel progetto pilota 2024–2025, il modello di CURAMI ha già permesso di realizzare oltre 850 interventi chirurgici in regime convenzionato con il SSN e senza ricorrere a risorse aggiuntive. Questo risultato dimostra come l’adozione di un modello dinamico e distribuito, basato su competenze già presenti nel sistema, ma rese disponibili in modo più efficiente, consenta di aumentare la produttività reale delle strutture e di ridurre i tempi di attesa senza aggravare gli organici esistenti o aumentare le spese”, conclude Giacomo Baldi.