Sempre più ospedali puntano a trasformare le proprie Terapie Intensive (ICU) in ambienti più intelligenti e silenziosi. Non si tratta solo di una questione di comfort: ridurre il rumore e migliorare la gestione delle informazioni contribuisce in modo concreto a migliorare gli esiti clinici per i pazienti e porta a condizioni di lavoro più serene ed efficienti per il personale sanitario. In questo contesto, è importante comprendere le principali sfide che oggi chi gestisce le moderne ICU si trova ad affrontare e in che modo la tecnologia può diventare un alleato strategico nel percorso di trasformazione verso reparti davvero “smart” e silenziosi.
L’inquinamento acustico e il rischio di delirium nelle Terapie Intensive
Quando pensiamo a una terapia intensiva, l’immagine più comune è quella di un grande spazio aperto, con diversi letti affiancati, circondati da monitor, pompe e ventilatori che emettono allarmi continui. Un ambiente dove il suono dei vari dispositivi diventa rumore costante e ciò che spesso ignoriamo è che questo rumore rappresenta un vero e proprio rischio per i pazienti. In molte ICU sono stati registrati picchi fino a 127,9 decibel, mentre quasi tutte superano ampiamente il limite di 35 decibel raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per singolo posto letto.
L’esposizione prolungata a questi livelli di rumore aumenta il rischio per il paziente di sviluppare il “delirium da ICU”, una condizione grave che ha un impatto negativo sulla durata della degenza, sul rischio di riammissione, sulle capacità cognitive del paziente e sul rischio di mortalità.
Pur restando ancora molto da studiare sul delirium, è ormai chiaro che un ambiente tranquillo che supporta la guarigione del paziente rappresenta una delle misure più efficaci per prevenirlo. Tuttavia, realizzare reparti di terapia intensiva davvero silenziosi non è semplice. Una delle sfide nasce proprio da una misura introdotta per ridurre le infezioni ospedaliere: l’uso delle stanze singole. Scelta che ha effettivamente migliorato il controllo delle infezioni, ma anche portato un effetto collaterale inatteso: pazienti isolati in stanze chiuse, circondati da dispositivi medici che continuano a generare suoni e allarmi. Un ambiente che, invece di supportare la guarigione del paziente, rischia di aumentare lo stress e il senso di disorientamento.
Il passaggio alle stanze singole e l’evoluzione dei sistemi di gestione degli allarmi
Il rumore, nelle Terapie Intensive con stanze singole, è solo una parte del problema. A differenza dei reparti tradizionali a pianta aperta, dove gli infermieri possono vedere i pazienti e sentire immediatamente ogni allarme, le stanze singole eliminano entrambe queste fonti di informazione diretta. Da un lato si ottengono benefici evidenti – maggiore privacy e migliore controllo delle infezioni – ma dall’altro emergono due criticità fondamentali: come assicurare che gli allarmi raggiungano tempestivamente il personale sanitario all’esterno della stanza e, allo stesso tempo, come farlo senza generare rumore inutile o sovraccaricare gli operatori di segnalazioni.
Per rispondere a queste sfide, la tecnologia ha fatto grandi passi avanti con sistemi di gestione degli allarmi sempre più sofisticati. In passato gli ospedali si affidavano ai Distributed Information System (DIS), che trasmettevano le notifiche provenienti dai dispositivi medici – come pompe per infusione, ventilatori e monitor. Tuttavia, questi sistemi non garantivano che il messaggio fosse effettivamente ricevuto e gestito dall’operatore.
Da qui è nata l’evoluzione verso i Distributed Alarm System (DAS), che assicurano la consegna delle notifiche, ma non la conferma di presa in carico da parte dell’operatore. Il passo successivo è rappresentato dai CDAS – Distributed Alarm System with Operator Confirmation, che aggiungono un elemento cruciale: la conferma di presa in carico da parte dell’operatore. In pratica, l’infermiere che riceve l’allarme deve accettarlo o rifiutarlo; se lo rifiuta o non risponde, la segnalazione viene automaticamente inoltrata al collega designato come backup.
L’innovazione tecnologica al servizio delle ICU silenziose: il potenziale della Service-Oriented Device Connectivity (SDC)
Ascom è impegnata in due importanti progetti europei cofinanziati dall’Unione Europea, dedicati alla creazione di Terapie Intensive sempre più intelligenti e silenziose. Entrambi si concentrano sull’evoluzione della tecnologia CDAS, con l’obiettivo di rendere la gestione degli allarmi clinici efficace, silenziosa e sostenibile, nei moderni reparti a stanze singole, che sta diventando lo standard nelle ICU di tutto il mondo.
Queste iniziative rientrano in un più ampio programma di ricerca denominato Smart and Silent ICU (SASICU), composto da quattro progetti finanziati congiuntamente dal settore privato e dall’Unione Europea attraverso l’Innovative Health Initiative (IHI). L’obiettivo comune è lo sviluppo e l’adozione dello standard Service-Oriented Device Connectivity (SDC – ISO/IEEE 11073), che permette ai dispositivi medici e ai sistemi IT di comunicare e interoperare in modo sicuro negli ambienti ad alta intensità di cura.
In particolare, i progetti SASICU studiano come le architetture basate su SDC possano contribuire a ridurre l’inquinamento acustico nelle Terapie Intensive e, al tempo stesso, a migliorare la qualità dell’assistenza, grazie a una gestione più intelligente e selettiva degli allarmi, identificando quelli rilevanti clinicamente.
Questa logica “intelligente” consente di garantire la sicurezza del paziente, riducendo al minimo il caos sonoro e il rischio di alarm fatigue, uno dei principali problemi dei reparti ad alta intensità di cura.
Uno studio clinico per una ICU “silenziosa”: il progetto dell’Erasmus Medical Center di Rotterdam
Il primo dei due progetti, avviato nel settembre 2023 e in corso fino al settembre 2026, vede una collaborazione con due nomi di riferimento nel settore dei dispositivi medici – Dräger e B. Braun – e diversi team di ricerca all’interno dell’Erasmus University Medical Center di Rotterdam, uno dei più importanti ospedali universitari d’Europa per condurre un ampio studio clinico che coinvolge un centinaio di pazienti in terapia intensiva.
Il progetto si è sviluppato in tre fasi principali. Nella prima sono state allestite otto stanze singole di terapia intensiva equipaggiate con sistemi avanzati di gestione degli allarmi DAS/CDAS. È poi seguito uno studio clinico della durata complessiva di dodici mesi, suddiviso in due periodi di sei mesi ciascuno: nella prima fase la terapia intensiva ha operato in modalità “tradizionale”, mentre nella seconda è stata attivata la modalità silenziosa, grazie all’integrazione della tecnologia SDC per la gestione intelligente degli allarmi.
Potrebbe sembrare un semplice studio ‘prima-e-dopo, ma in realtà è piuttosto complesso, coinvolgendo tre aziende multinazionali, la collaborazione con numerosi team in un importante ospedale universitario e più di 100 pazienti di Terapia Intensiva (ICU). La portata dell’impresa può essere valutata dal fatto che per 12 mesi lo studio registra tutti gli allarmi provenienti da monitor dei pazienti, ventilatori e pompe per infusione, nonché i livelli di rumore in tutte le otto stanze.
Verso la gestione “predittiva” degli allarmi: lo studio dell’University Medical Center di Utrecht
Il secondo progetto, anch’esso condotto nei Paesi Bassi, si concentra su un tema cruciale: ridurre in modo sicuro gli allarmi clinicamente non azionabili, con l’obiettivo di diminuire il carico cognitivo sugli operatori e migliorare la qualità del lavoro in terapia intensiva. Inoltre, il progetto esplora anche modi di identificare in modo predittivo il deterioramento del paziente anticipando la generazione di allarmi dai dispositivi medici.
La premessa di partenza è semplice ma significativa: la maggior parte degli allarmi in ICU non richiede un intervento immediato (tra l’85% e il 95% secondo svariati studi clinici). Immaginiamo due situazioni: in un caso, un paziente riceve un farmaco salvavita tramite una pompa per infusione – una interruzione dell’infusione in questo caso richiede un intervento immediato. In un altro caso, la pompa somministra un antibiotico – e un’interruzione può essere quindi gestita in un tempo molto maggiore senza conseguenze critiche. Dal punto della pompa di infusione, entrambi i casi generano un “allarme rosso” ad alta priorità, ma essi sono radicalmente diversi. È essenziale avere un sistema di distribuzione allarmi capace di differenziare questi casi e comunicarli nel modo corretto agli utenti.
Per ragioni etiche, queste sperimentazioni non possono essere condotte su pazienti reali, ed è per questo che il team dell’University Medical Center di Utrecht ha ricreato l’ambiente di una ICU in laboratorio, simulando in sicurezza diversi scenari clinici. L’obiettivo è sviluppare nuovi modelli di filtraggio che eliminino gli allarmi superflui e, al tempo stesso, permettano di anticipare possibili situazioni critiche prima ancora che si manifestino.
Oggi esistono già sistemi di soppressione degli allarmi, ma si basano su parametri molto semplici, come limiti di tempo o soglie di valori. Il progetto “Smart Alarms” di Utrecht mira invece a introdurre una logica più evoluta, capace di valutare l’intero quadro clinico del paziente e la sua evoluzione nel tempo.
Previsto anch’esso in conclusione nel settembre 2026, questo progetto guarda al futuro della terapia intensiva: sistemi di allarme predittivi, in grado di interpretare i dati clinici in tempo reale e generare segnalazioni preventive, prima che il problema diventi un’emergenza.
Conclusioni – il percorso verso ICU più silenziose e intelligenti
A meno di un anno dalla conclusione dei progetti SASICU, l’esperienza maturata ha già consentito di sfatare una aspettativa erronea sul futuro dei reparti di cura critica. Non assisteremo a una rivoluzione improvvisa, ma a un processo di trasformazione graduale, in linea con quanto avviene per la maggior parte delle innovazioni sanitarie.
È realistico aspettarsi che gli ospedali non sostituiranno dall’oggi al domani le proprie ICU con versioni completamente “smart”, ma che procederanno per integrazioni progressive, introducendo dispositivi e software compatibili con le nuove logiche di gestione “silenziosa”.
In questa fase evolutiva, il vero valore delle soluzioni tecnologiche sarà nella capacità di accompagnare gli ospedali nel loro percorso, offrendo strumenti flessibili, interoperabili e sicuri che possano adattarsi alle diverse tappe della trasformazione.
Quando arriverà il momento di rinnovare le Terapie Intensive, gli ospedali potranno contare su soluzioni già collaudate, testate e certificate per garantire il massimo livello di sicurezza, affidabilità e continuità di cura.
Riconoscimenti
I progetti citati sono sostenuti dalla Innovative Health Initiative Joint Undertaking (IHI JU), nell’ambito dell’accordo di sovvenzione n. 101132808.
L’iniziativa riceve il contributo del programma europeo di ricerca e innovazione Horizon Europe e la collaborazione di COCIR, EFPIA, Vaccines Europe, EuropaBio e MedTech Europe.
