“Il Bioprinting non è fantascienza, ma una svolta concreta nella cura delle persone”, ha esordito così Mattia Dimitri, Coordinatore della Commissione Biomedica dell’Ordine degli Ingegneri di Firenze all’evento “Tecnologie per il 3D printing e il Bioprinting”, che si è tenuto nei giorni scorsi a Barberino Tavarnelle, organizzato dall’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Firenze e ospitato nei laboratori di Bio3dmodel.
Durante l’incontro, rivolto a ingegneri, ricercatori e innovatori, sono state presentate alcune delle più avanzate tecnologie biomedicali del momento, già oggi impiegate per realizzare modelli anatomici in 3D, dispositivi personalizzati e addirittura porzioni di tessuto umano.
Bioprinting e stampa 3D: le nuove frontiere della medicina moderna
Tra i protagonisti si segnala Electrospider, una speciale biostampante 3D sviluppata in Toscana da Bio3dprinting, capace di ricreare con altissima precisione tessuti umani utilizzando anche cellule del paziente. Uno strumento di bioprinting pensato per la ricerca biomedica, farmaceutica e cosmetica, che potrebbe presto sostituire molti test sugli animali e offrire nuove strade per la medicina rigenerativa.
Inoltre è stato mostrato l’utilizzo della piattaforma Simulia della Dassault Systemes per il progetto internazionale Living Heart, che permette di simulare al computer il comportamento di organi e tessuti prima di stamparli. Una tecnologia che accelera i tempi della ricerca e rende i trattamenti più sicuri ed efficaci.
In chiusura, è stato presentato il progetto “Personal Heart” dell’Università degli Studi di Firenze: l’obiettivo è creare mini-cuori artificiali partendo da cellule staminali, da utilizzare per testare terapie e dispositivi medici di nuova generazione.
Dichiarazioni
“Non si tratta solo di innovazione, ma di un vero e proprio cambio di paradigma nella medicina moderna”, dice Mattia Dimitri, Coordinatore della Commissione Biomedica dell’Ordine degli Ingegneri di Firenze. “Con strumenti come Simulia e Electrospider, siamo in grado di migliorare la cura dei pazienti, ridurre i tempi operatori e formare medici e chirurghi con modelli estremamente realistici. Queste tecnologie non sono più scenari futuristici, ma risorse strategiche concrete per il Servizio Sanitario Nazionale”, conclude. “Con una visione collaborativa tra università, industria e istituzioni, possiamo trasformare l’innovazione scientifica in prassi clinica quotidiana”.